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FORNACI ROMANE
Nel settore occidentale dell’ampia e luminosa insenatura, che si allarga fra i Capi di Punta Raisi e San Vito, scorre la allungata “marina” di Alcamo, dove, nei pressi della località Contrada Foggia si è potuto individuare e tutelare, la presenza di un impianto officinale di età romana (I-V sec. d.C.) per la produzione di materiale da costruzione e di oggetti d’uso domestico (mattoni, coppi, embrici, stoviglieria, ceramica comune. L’impianto produttivo si trova opportunamente attestato sul limitare della conoide deltizia venutasi nei millenni a formare dall’attività di trasporto e costipamento di due lingue d’acqua, costituite dal Molinello e dal San Bartolomeo, quest’ultimo oggi poco meno che un canale mentre ancora le Cronache seicentesche lo indicavano come un fiume di consistente portata, dove risalivano navigli e barconi per rifornirsi d’acqua ed il cui corso, in antico, poneva direttamente in contatto la linea costiera con la vicina Segesta. Dunque un’area utile, per la presenza di un naturale pack argilloso e di un immediato approvvigionamento idrico, alla impostazione di più manufatti destinati alla produzione e cottura di materiale laterizio e ceramica d’uso. Alle fornaci finora individuate, poste in sicurezza nelle operazioni di intervento nele Campagne di scavo effetuate in virtù di una Convenzione su piano biennale, concordata fra Assessorato BB.CC. della Regione Siciliana, Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani, Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Ateneo di Bologna, sede di Ravenna, si devono aggiungere le evidenti tracce relative alla esistenza di ulteriori manufatti consimili rese sia dalle analisi geofisiche finora condotte sul terreno, sia dalle attività di survey e rilevamento. Le fornaci sono impostate su un modulo a “schiera” allineato longitudinalmente sull’asse N-S (dunque con praefurnium esposto ad ovest, non a caso volto verso i venti non dominanti) e inquadrate in una scacchiera di muri pseudoisodomi, ortogonali e paralleli, utili ad elidere le forze contrapposte sviluppate al momento della massima dilatazione; sono a forma circolare, con un diametro medio di ca. 3 metri, e presentano, oltre al mantenimento del piano di cottura, un inconsueto stato di conservazione della camera di cot-tura a calotta, il cui alzato appare preservato per ca. 3/5 della originaria struttura.
Bibliografia
STOPPIONI M.L. 1993, Gli impianti produttivi, in Con la terra e con il fuoco: Fornaci romane del riminese, Guaraldi Editore, Rimini, 25-34.
CAMBI F., TERRENATO N. 1994, Introduzione all’archeologia dei paesaggi, La Nuova Italia Scientifica, Roma.
CLARKE D.L. 1968, Archeologia analitica, Electa Ed. (ed. italiana 1998), Milano.
CUOMO DI CAPRIO N. 1992, Fornaci e officine da vasaio tardo-ellenistiche, in Morgantina Studies, III, Princeton New Jersey.