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CHIESA DI S.PIETRO
Sita nell’antico quartiere “Casalicchio”, che comprendeva i due rioni della Giudecca e dei Biscottari, la chiesa intitolata a San Pietro fu eretta nel luogo in cui sorgeva un tempio dedicato a Saturno o, secondo un’altra accezione, a Nettuno. Fu comunque riedificata nel 1076 dal Conte Ruggero d’Aragona, per essere poi ampliata nel 1695 con un cappellone in legno su disegno dell’architetto Giovanni Biagio Amico.
A completamento di questi lavori, nel 1753 furono costruiti la cantoria, la Cappella del Santissimo ed il Battistero; contemporaneamente fu restaurato l’organo e furono aperte due porte, in posizione laterale a quella maggiore. Nel XVIII secolo l’architetto Luciano Gambina ne modificò la struttura, demolendone una parte. Eretta a Collegiata nel 1736, la chiesa si fregia del titolo di Basilica.
A pianta basilicale, presenta narteci d’ingresso su pilastri, vestiboli tipici delle basiliche bizantine, dove nei primi secoli del cristianesimo si fermavano i catecumeni e i penitenti, ritenuti indegni di entrare in chiesa. La navata centrale è ritmata da sei colonne per lato, le prime due addossate ai pilastri posti all’incrocio della navata con il transetto, mentre reggono la cupola su un tamburo ottagonale raccordato da pennacchi e coperta con volte a botte lunettata. Nelle cinque navate spiccano “La Trasfigurazione” ed i quadri di San Pietro e di San Paolo, opere di Andrea Carreca; le pitture di Santa Caterina, dell’Angelo Custode e del Vescovo San Donato, opere di Rosario Matera; le Cappelle di Santa Caterina e di San Donato, concesse rispettivamente al ceto dei funai ed a quello dei fornai. Si trovano inoltre diverse e pregevoli sculture, come il crocifisso di Giuseppe Milanti, la Pietà di Francesco Nolfo, la statua di San Pietro seduto in cattedra di Mario Ciotta, le statue marmoree di San Pietro e di San Paolo, una statua della Madonna di Trapani, e la statua in marmo della Madonna del Cardillo, di scuola gaginesca. Nella cantoria infine si ritrova il grandioso e artistico organo, restaurato nel 1780 dal palermitano Francesco La Grassa. La zona absidale è nascosta all’esterno da una canonica, che ingloba l’edificio fino all’altezza delle navate laterali. La cupola è costolonata con nervature di tufo lavorato secondo la tradizione locale, mentre alcuni dei cupolini delle navate laterali conservano parte del rivestimento settecentesco a scaglie di ceramica giallo-verde. La monumentalità basilicale dell’edificio non trova riscontro nel prospetto, se non per il portale d’ingresso in pietra lavorata e per un’icona attribuita al Gagini. Per il resto il prospetto è intonacato, come pure il campanile posto alla sinistra dell’ingresso.
Numero tappa | 23 |